lunedì 26 settembre 2016

Non è la Rai 2.0 (fenomenologia della sindaca grillina)

E finalmente, dopo mesi di lunga ed attenta osservazione del personaggio, la convention palermitana dei Cinquestelle ci ha permesso di comprendere appieno la vera natura di Virginia Raggi. Ci voleva che salisse su un palco per illuminarci, perchè quello è il luogo dove riesce a rivelarsi compiutamente e senza possibilità di fraintendimenti.

Quando è comparsa alla ribalta, in jeans e maglietta, e con quella sua vocetta querula, da doppiatrice di bambini nelle pubblicità, ha infilato una serie di "bello, bellissimo, molto bello" arrotolandosi vezzosamente la ciocca di capelli col ditino, dopo aver saltato e ballato in mezzo alla folla che malmenava i giornalisti, la nuova Ambra che è in lei si è appalesata in tutta la sua imbarazzante pochezza, mentre ridacchiava senza riuscire a mettere due parole in fila e e poi batteva i piedini per difendersi dall'accusa di avere le orecchie grandi.

No, non è la Rai, non più quella irridente di Boncompagni che esibiva il fondo del barile della televisione, dimostrando che una qualunque ragazzina dotata di auricolare e telecomandata a dovere poteva fare ascolti da record sul nulla. Questa è la nuova edizione targata Grillo, un Non è la Rai duepuntozero, che scova sconosciuti sul Blog e ne fa deputati e sindaci da lanciare sulla ribalta politica senz'altra consistenza che la loro riconosciuta insipienza.

Nel magico mondo grillino, infatti, non occorre alcun talento o preparazione per emergere, i Cinquestelle sono l'ultima frontiera del talent show, quella che crea dal nulla personaggi che si distinguono solo nella gara a chi dice o scrive le scemenze più grosse, acclamati da una setta di adepti del tutto acritici ed assuefatti che vedono nei loro eroi la perfetta riproduzione di se stessi. Il nulla al potere, e così sia.

In questi anni, abbiamo scoperto una vasta galleria di figurine del genere, ognuna specializzata nel lancio delle parole a caso e nel sostegno a teorie del tutto campate in aria, ma con Virginia Raggi si è giunti alla sublimazione del format facendo di una tardo-adolescente, capace solo di articolare un birignao da tredicenne antipatica in lotta con la cellulite, una star piazzata sul palcoscenico romano con il potere di prendere decisioni in grado di influenzare la vita di milioni di persone, e persino di una nazione intera, come nel caso delle Olimpiadi.

E si evince che alla fine, in sintesi estrema, l'ambizioso progetto di Grillo sia stato proprio questo sin dall'inizio: dimostrare come si possa imbastire uno spettacolo dal nulla, e farne addirittura un adattamento per la politica, solamente pescando nel vasto mare delle frustrazioni altrui e solleticando abilmente vanità sostenute solo dal velleitarismo che le ispira. Un Grande Fratello edizione speciale, non per i presunti Vippetti nostrani, ma per tentare di erodere dall'interno quel minimo di credibilità che ancora resta alle nostre istituzioni.

Se i Cinquestelle non fossero un movimento politico, di loro dovrebbero occuparsi i critici televisivi e/o teatrali, data la loro naturale inclinazione all'avanspettacolo che ne fa gli ultimi  eredi oppure gli innovatori di questo genere - e su questo si potrebbe aprire una lunga ed articolata discussione fra addetti al mestiere. Ma trattandosi invece di aspiranti candidati alla guida del nostro paese, ciò che ci assale dopo spettacoli come quello di Palermo è lo sgomento. Puro e semplice.

Se la ragazzetta querula sul palco è la sindaca di Roma, imbarazzante nella sua esibita nullità quanto proterva nella sua ambizione gonfiata a dismisura dalla folla urlante ed esaltata, possiamo solo immaginare cosa sarebbe un futuro premier espresso da questo movimento, ed averne sinceramente paura.

Ci auguriamo che la stessa paura la provino i politici, quelli di lungo corso, quelli che ci hanno governato negli ultimi trent'anni, quelli che hanno trascinato ai minimi storici la credibilità ed il ruolo della politica fino a permettere che un guitto con il suo circo a tre piste potesse riuscire a farli fuori con quattro ragazzetti ignoranti dotati di auricolare. Se la paura fa novanta, qui invece dovrebbe fare da sveglia, per suonare la fine di una politica rissosa, inconcludente, meschina che ha generato questa risposta che oggi Grillo ci sbatte in faccia con la sua consueta malagrazia.

Perchè non vorremmo vedere i prossimi anni di questo paese trasformati in un palcoscenico permanente per l'esibizione di dilettanti che gnaulano "bello, siamo belli, siete belli" mentre si fanno i selfie sullo scranno di Palazzo Chigi e del Quirinale.

ChiBo

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