domenica 27 ottobre 2013

Leopoldario

Colte al volo, nei tre giorni alla Leopolda:

Domenica mattina, passa Graziano Delrio, inseguito dalle telecamere. Giovane praticante in sala stampa: "chi è quello?". Giornalista con barba bianca: "Boh, uno". Giovane praticante: "dicono che sia un ministro". Giornalista con barba bianca: "ma figurati, io non l'ho mai visto". Si, siamo nell'epoca dell'informazione individuale. Molto individuale.

Domenica mattina, sala stampa, ore nove. Si commenta il titolo dell'Unità: "Duello tra Renzi e Cuperlo". Giovane collega sveglio: fanno il titolo su quello che non c'è. Io: avrei fatto un editoriale di spalla, titolo: Vi piacerebbe, eh?! Conclusione generale: peccato che all'Unità non scelgano mai i direttori in base al senso dell'umorismo.

Venerdì sera, ore 11. Il mio vicino di banco in sala stampa: sono torinese e juventino. Io: mai pensato ad un esorcismo?! Il giorno dopo si è seduto altrove, certi destini non si possono cambiare.

Venerdì sera, discussione ai Cento tavoli, anonimo cittadino fiorentino: manca il tavolo sulla riforma dei cervelli.

Sabato mattina, arriva Epifani e pensa di entrare, volontaria ironica al desk: "scusi, dove va, deve registrarsi e prendere il pass, le regole valgono per tutti, eh". Il fantasma di Stumpo colpisce ancora.

Sabato mattina, sul palco parla un giovane immigrato congolese, giornalista fiorentino in sala stampa ha un momento di profonda autocoscienza: oh, io ve lo devo dire, a me mi manca Babacar (questa la possono capire solo i tifosi viola accaniti al limite del patologico)

Da venerdì a domenica, circa novemila gradi fahrenheit in sala stampa, spogliarelli continui, gente in canotta, colpi di calore. Voce dal fondo della sala: oh, il Renzi l'è peggio del riscaldamento globale.

Domenica mattina, un uomo sulla cinquantina si avvicina al palco alzando un cartello e urlando la sua protesta contro l'Enel. Anonimo giovane volontario: oh, 'un sarà mica il mi' babbo eh?!

ChiBo



venerdì 18 ottobre 2013

Autunno, cadono i loden

E' la crisi, bellezze. La spending review non risparmia nessuno, cadono le foglie, Alitalia vola sempre più basso ed anche il loden si ammaina, esaurita la sua funzione di coperta di Linus della mediocrità politica e politicante torna nell'armadio, accompagnato dal silenzio assordante del coro dei laudatores di professione che - or sono appena due anni - si sbracciò ad applaudirlo e cantarlo come immagine limpida e schietta della sobrietà elevata a stile di vita e di governo.

Così vanno le cose, nel nostro paese, si innalza un idolo a furor di penne illustri, e poi lo si fa cadere nel silenzio di tutti quelli che lo avevano osannato. E chi invece lo aveva osteggiato dall'inizio - come la sottoscritta - può solo tenere il conto delle illustri e tacite defezioni, masticando amaro per l'ennesima occasione persa di un confronto aperto e senza equivoci, ma soprattuto senza rinvii. Altri due anni persi, e senza alcun risultato positivo ottenuto - una soddisfazione.

Non resta che immaginarsi, in un prossimo futuro, due anziani signori a spasso ai giardinetti con i rispettivi cagnolini - Dudù ed Empy potrebbero rivelarsi più sinceri, e senz'altro più fedeli, dei cortigiani pagati come i fagiolini, ottanta euro al chilo.

ChiBo

mercoledì 16 ottobre 2013

Priebke, un'occasione persa

Potevamo farlo, sì, potevamo. Avevamo finalmente l'occasione, quella che non sempre la Storia offre ai popoli che hanno sofferto, di dimostrare che avevamo ragione noi, che eravamo noi dalla parte del giusto e dei giusti, e che il mondo che abbiamo costruito - imperfetto, certo, pieno di contraddizioni e spesso anche incerto - è comunque migliore di quello che certe belve impastate di odio razziale e di un tossico ideale di supremazia avevano tentato di imporci con la forza, sotto la sferza umiliante della dittatura.
Potevamo sentirci più forti, portatori di un senso profondo e radicato di democrazia dove rispetto e diversità convivono come due lati della stessa medaglia, quella del pluralismo di idee, sentimenti ed opinioni che è alla base dell'uguaglianza fra pari. Potevamo mostraci giusti, di fronte alla morte di Priebke, e consegnarlo al giudizio impietoso ed oggettivo della Storia, alla damnatio della memoria eterna della sua mostruosa colpa, e sentirci perciò più forti della nostra consapevole maturità acquisita, e dunque vittoriosi di fronte allo sconfitto ed a tutto quanto di aberrante la sua vita rappresentava.
Invece. Abbiamo scelto la via peggiore, quella dell'isteria collettiva, della gara al rifiuto, del concorso per la dichiarazione più indignata, per l'inquadratura televisiva più efficace, per la presa di posizione più demagogica e puerile.
Ed abbiamo perso, tutti. Perchè la nostra debolezza ha rivelato ancora una volta la nostra fragilità di cittadini, incapaci di sentire e mostrare la certezza forte e sicura della libertà conquistata a caro prezzo ed assunta a valore fondante della nostra vita di comunità democratica. Insultare un morto, qualunque morto, non ci rende migliori di lui, ma solo infinitamente più deboli, nelle nostre traballanti, balbettanti, incerte convinzioni.
Di fronte al mostro che non ha rinnegato nulla di ciò che ha fatto, dovevamo poter opporre la serena certezza delle nostre coscienze libere e giuste - invece, abbiamo saputo solo strillare, spaccarci, insultare, scontrarci. Ed abbiamo perso l'ennesima occasione di dimostrare di aver imparato qualcosa, qualcosa di importante che continua a non appartenerci. La forza della libertà come profonda, autentica, basilare lezione di vita.

ChiBo

giovedì 3 ottobre 2013

L'antidemocrazia


E' sufficiente una giornata di ordinaria follia parlamentare per rendersi conto di quanto sia profonda e radicata la crisi di cultura democratica che è il vero cancro che ci divora. E la misura, netta, precisa e senza equivoci, la fornisce un semplice scambio di idee su Facebook - o meglio, quello che la sottoscritta, da liberale lontana da approcci fideistici e usa a ragionare oggettivamente sui fatti, ritiene un normale dialogo fra persone provenienti da formazioni diverse ma in grado di confrontarsi apertamente e serenamente, financo con uso di ironia, che non guasta mai specie se aiuta a stemperare le asprezze e facilita lo scambio tra persone.
Invece. Ci si ritrova spiazzati, in peggio. Perchè non ci sono fatti, non ci sono ragioni, non ci sono idee, ci sono invece dogmi, atti di fede, e caccia alle streghe riaperta - semmai si fosse chiusa - a colpi di accuse sferzanti.
Ora, era lecito pensare che persone dotate dell'utilizzo di ogni mezzo di informazione avessero seguito con grande attenzione le cronache degli ultimi giorni, specie quelle riguardanti il travaglio della propria parte politica, in questo caso il Pdl transeunte nella nuova Forza Italia, e dunque fossero al corrente dei punti salienti:
- netta presa di posizione di Alfano e di altri esponenti di spicco del partito contro la deriva estremista dei cosiddetti falchi, dei quali Berlusconi pareva in balìa, per non dire prigioniero
- denuncia da parte dei suddetti esponenti della totale mancanza di democrazia interna al partito, del tutto privo di una qualunque forma di consultazione almeno fra dirigenti - la base è sempre assente e mai considerata - aggravata dall'esito dell'ultimo incontro con il Capo che ha personalmente tacitato qualunque richiesta di dibattito liquidandolo come una "perdita di tempo"
- conseguente attacco violento e sguaiato della stampa "amica" che definisce traditori i dissenzienti, come se questo fosse normale ed ammissibile in un sistema democratico
Invece. Pare che tutto ciò sia stato ignorato, e che gli eventi di ieri, con il subitaneo dietrofront di Berlusconi teso quantomeno a limitare il danno - già fatto ed irreversibile - abbiano solo esasperato il clima da tutti contro tutti invece di indurre a qualche sana ed oggettiva riflessione.
Quindi, accade di essere aggrediti se solo si osa ricordare che la democrazia vive di confronto, che le opinioni diverse non sono atti di viltà ma legittime posizioni, che i dissenzienti non sono traditori ma esercitano il loro diritto alla critica, e sopratutto che un partito - qualunque partito - non può dirsi autenticamente democratico se non ammette il dialogo ed il confronto al proprio interno.
Ora, vien da ridere pensando che quando ho scritto - e quanto, e quanto a lungo e quanto dettagliatamente - sui problemi interni al Pd, queste persone erano lì a leggerti, a dirti "brava" ed a condividere i tuoi pezzi, mentre quando applichi lo stesso metodo di analisi alla loro parte politica ti tacciano di "moralista maestrina con la penna rossa". Vien da ridere perchè non hai mai avuto una tessera in tasca, hai pagato un caro prezzo per la tua libertà e alle ultime elezioni hai votato radicale.
Ma vien da piangere nel toccare con mano quanta strada dobbiamo ancora fare, e quanto siamo lontani da un concetto condiviso di democrazia, da una cultura dello scambio che sia compresa ed accettata come base imprenscindibile della vita sociale prima ancora che politica di un paese, e non invece come un attacco proditorio e personale da respingere con ogni mezzo.
E dunque non possiamo meravigliarci o scandalizzarci di nulla, se i partiti politici non sono altro che il riflesso - purtroppo fedele - di ciò che siamo noi.

ChiBo