mercoledì 21 settembre 2016

Dinosauri a Cinquestelle

È assolutamente esilarante constatare che il Movimento nato per rovesciare tutto, cambiare tutto, con una spinta iniziale più eversiva che rivoluzionaria, si sia dimostrato alla prova dei fatti il più conservatore sia nella propria azione che nella propria inazione. Ovvero, sia nelle proposte fin qui fatte che nella incapacità non solo di realizzarle ma persino di gestire la quotidianità degli impegni assunti con gli elettori.


Il ritorno al proporzionale, con conseguente ammucchiata di governo e sostanziale impossibilità di decidere alcunché, è solo l'ultima delle trovate di un gruppo nato vecchio e cresciuto solo grazie allo sfruttamento del malpancismo diffuso in vaste categorie sociali, una pericolosa arma a doppio taglio pronta a rivoltarsi contro chi l'ha affilata non appena si avvertano segnali di normalizzazione.



In realtà, tutto il fragile apparato ideologico grillino ha mostrato la corda fin dall'inizio, apparendo nient'altro che una rimasticatura superficiale e abborracciata di consunte teorie morte sul nascere, spacciate per nuove grazie all'intuizione che ha portato a fare della Rete una fogna a cielo aperto dove riversare ogni frustrazione, amplificandola fino a darle una presunta dignità di proposta politica alternativa.



Dunque, non stupisce che l'immaginifico Sibilia, dopo averci edotti nel tempo sulle scie chimiche e l'esistenza delle sirene, ed aver convocato addirittura il mago Otelma per spiegarci che la Raggi è oggetto di influenze negative esercitate da forze aliene, adesso ci ripropini la novella che stampare moneta è l'unica soluzione per risolvere la crisi monetaria. Come se il Venezuela non stesse morendo di questo, come se la moneta fosse il denaro del Monopoli - la cui assidua pratica probabilmente risulta essere l'unica nel curriculum di questo emerito rappresentante del nulla che lo ha eletto.



Non stupisce neanche che il prode scooterista Di Battista ci narri di una necessaria autarchia per tornare a consumare solo ciò che produciamo, e che la Raggi, nella sua immaginifica campagna elettorale, avesse rispolverato un altro mito caro a questi poveri di spirito, ovvero quello del ritorno al baratto come utile leva per risollevare le sorti dei negozi in crisi di vendite.



E ci fermiamo qui, con l'elenco delle scempiaggini, perchè alla fine, avendo scritto dall'inizio che dietro questo movimento c'era il nulla ideologico impastato di fuffa populista e di becera demagogia, la soddisfazione di averci visto giusto ce la siamo già presa. Insieme a quella di aver predetto la sera stessa delle elezioni che la vittoria di Roma sarebbe stato l'inizio della fine dei Cinquestelle.



Bastava metterli alla prova dei fatti, non nei piccoli comuni dove comunque hanno fatto disastri ma di scarsa risonanza mediatica, ma in una realtà di primissimo piano come quella di Roma, che non solo è all'attenzione di tutti noi quotidianamente, ma ha addirittura varcato i confini nazionali finendo sulle prime pagine di testate come il New York Times. Non è più possibile nascondere sotto il tappeto il disastro, il fallimento, la totale incapacità di gestione che sono il naturale risultato di una selezione di classe dirigente basata unicamente sulla cieca obbedienza al Movimento e sulla provata ignoranza di tutti gli aspetti, nessuno escluso, del funzionamento della macchina amministrativa ed istituzionale. 



Così come non è più possibile arginare le spinte centrifughe originate dalle correnti interne che, oh sorpresa, si sono rapidamente formate e consolidate anche nel presunto magico mondo dell'uno vale uno, precipitando in una guerra intestina e senza esclusione di colpi non appena è cominciato il più classico degli scaricabarile attorno alla figura della Raggi, passata da Madonna sull'altare a derelitta da abiurare nel breve giro di tre mesi e mezzo e qualche decina di nomine scellerate.



I sondaggi certificano un calo pesante del Movimento, attorno ai cinque punti percentuali in due settimane, ed in questo momento è veramente difficile immaginare una possibile inversione di tendenza, dal momento che tutti gli esponenti di spicco sembrano essersi messi d'accordo su un'unica strategia suicida: fare a gara ogni giorno a chi scrive la scemenza più grossa sui Social Network, scatenando non più solo l'ironia ma ormai un vero e proprio dileggio che ci porta a pensare che l'ora del dilettante sia ormai finita, e sia già suonata la campana dell'ultimo giro di pista.



Probabilmente, quando i posteri si occuperanno della storia di questi anni, dei Cinquestelle scriveranno ciò che adesso scriviamo dei Dinosauri, ovvero che sono esistititi ma si sono estinti per ragioni tuttora sconosciute, con la sola differenza che, invece, dei grillini   potranno affermare con certezza che si sono estinti facendo tutto da soli. Quindi, il loro "lasciateci lavorare" è destinato a diventare il cupio dissolvi del Terzo Millennio. E qualcuno spieghi a Di Maio che, no, dissolvi in questo caso non è un congiuntivo.



ChiBo


1 commento: