lunedì 22 settembre 2014

Chiedi chi era la Camusso

Un tempo, qualcuno identificò il gap generazionale nella fatidica domanda "chiedi chi erano i Beatles", invitando a porla ad una ragazzina quindicenne che candidamente, e persino con qualche ragione, avrebbe risposto "ma chi erano mai questi Beatles?" - le canzoni, si sa, spesso anticipano l'archeologia sociale di cui è vittima ogni generazione, come da legge di natura. Oggi, bisognerebbe aggiornare il quesito e domandare ad un qualunque giovane in cerca di un lavoro "chi è la Camusso" - ammesso, e non concesso, che questi sia al corrente dell'esistenza di cotanto personaggio, di certo risponderebbe che di lei non gliene cale alcunchè, ed avrebbe le stesse ottime ragioni, per dirlo, della ragazzina che ignorava l'esistenza dei Beatles.
Perchè la leader di un sindacato che, su circa cinque milioni di iscritti, ne ha quasi quattro di pensionati, in effetti ad un giovane ha poco o nulla da dire, e neanche per evidenti limiti anagrafici, ma per manifesti limiti del concetto stesso di lavoro da lei rappresentato. Una sorta di pianeta immaginario dove dalla nascita alla morte si conserva lo stesso posto, nello stesso luogo, nella stessa azienda e nello stesso settore, pubblico o privato che sia, con gli scatti di anzianità previsti a prescindere, la rigidità inflessibile dei rituali contrattuali, l'inamovibilità garantita che impedisce uno spostamento persino da una scrivania all'altra, e la certezza del reintegro qualunque cosa accada. Un pianeta anche di limitate dimensioni, quello del lavoro dipendente, pubblico o privato, e di indubbi privilegi rispetto alla giungla vasta ed oscura dei liberi professionisti, dei collaboratori a vario titolo, ma sempre a tempo determinato, dei precari in genere, costretti, e spesso persino interessati, un vero scandalo, a spostarsi di sede, a cambiare mansioni, a formarsi per migliorare, e del tutto privi di quel bagaglio confortante di ipertutele, meglio note come diritti acquisiti - e dunque promossi al rango di inalienabili - di cui i sindacati per decenni hanno dotato i loro iscritti, dimenticandosi di tutti gli altri.
Salvo salire su un palco ogni tanto a strillare che il precariato è una vergogna e che lo stato deve investire per creare posti di lavoro - e nessuno che gli abbia mai fatto presente che lo stato non fa impresa, mentre invece amministra, e dunque il compito di chi governa è di mettere in condizione l'impresa di creare lavoro, e non di assumere questo onere in prima persona. Anche perchè, quando questo accade, in virtù di quelle botte clientelari cui tutti i partiti vanno soggetti proprio come alle malattie infettive, si creano casi magistrali come quello dei forestali della Calabria, che da soli sono il doppio di quelli del Canada, oppure dei duemila portatori di carte della Regione Sicilia assunti per spostare documenti da un piano all'altro del Palazzo della Regione, chè fare una mail interna con le carte scannerizzate pareva brutto ed impersonale, vuoi mettere la carineria della consegna a mano?! Altro stile, altra eleganza.
Dunque, ad un giovane della Camusso non può importare di meno, poichè non è in alcun modo rappresentato da lei e dal suo archeologico sindacato, figuriamoci dal suo corporativo e persino elitario concetto di lavoro. Men che meno, poi, può importargli di quella costante e lucrosa attività, esercitata come primaria occupazione da associazioni sindacali e non solo, altrimenti detta tavolo delle parti sociali, dove negli anni, e con la colpevole complicità di una politica imbelle, fragilissima e per di più totalmente dipendente dai propri serbatoi elettorali, è passato il concetto che le parti sociali, che rappresentano singoli interessi corporativi, siano prevalenti e persino prevaricanti rispetto agli eletti dai cittadini, dotati dunque di un legittimo mandato a governare e decidere, fino a rovesciare le parti della rappresentanza democratica.
Il diritto di veto e di ricatto, le posizioni ostative ed ostili, lo spettro della piazza in sciopero, sono state armi efficaci in mano alle parti sociali, che hanno avuto buon gioco a far prevalere gli interessi di una singola categoria rispetto a quelli di un intero paese, tutelando solo i fortunati estratti alla lotteria del posto fisso e voltando le spalle a tutti gli altri - ma siccome questo non era sufficiente, si sono anche messi di impegno ad ostacolare coloro che già erano stati reietti, per esempio demonizzando le partite IVA, per esempio rendendo impossibile ogni più piccola modifica al mercato del lavoro fino a paralizzarlo completamente, in nome di intoccabili tabù come l'articolo 18, che riguarda in realtà pochi lavoratori ma sono proprio quelli che risiedono stabilmente sotto la protezione dei sindacati. Al punto che, oggi, al giovane cui della Camusso non importa nulla, pare di capire, e non è lontano dal vero, che questi personaggi preferiscano una generazione senza lavoro, ad una generazione messa in grado di affrontare gli effetti della globalizzazione sul mercato del lavoro con strumenti adeguati, primo fra tutti la flessibilità.
E se questa vergognosa e pretestuosa barricata messa in piedi dalla tristemente nota compagnia di giro composta da sindacati e vecchia sinistra ancora intenzionata a rivalersi delle proprie sconfitte, a costo di farlo sulla pelle viva di questo paese al collasso, peraltro per colpa loro, se questo monumento nostalgico e barricadiero innalzato da quelli che sono stati e sono ancora la negazione di ogni forma di lettura della contemporaneità, non cade finalmente per un atto di sano e persino disperato buon senso, politico e sociale, cadrà invece pesantemente il sistema bloccato e corporativo che costoro hanno costruito, e cadrà addosso a tutti noi, iper tutelati compresi, perchè così come è non può più reggere e sta morendo di mancata crescita.  
Dunque, non stupitevi se chiederete ad un giovane "chi è la Camusso", e quello vi risponderà: "ah sì, quella che in Jurassic Park usciva dall'uovo di dinosauro".

ChiBo

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