lunedì 15 settembre 2014

Chi ha paura del post-ideologismo?

Sostiene Scalfari, nella sua omelia domenicale, che il vero problema dell'attuale Pd sia quello di avere un Segretario post-ideologico ed una nuova, intesa anche come giovane, dirigenza non connotata ideologicamente, che segnano una sorta di spartiacque con il passato recente e remoto della vita politica italiana, condizionando per di più negativamente l'azione di governo.
Nell'interpretazione scalfariana, ciò costituisce un passaggio esecrabile verso un sostanziale impoverimento della capacità di visione e dunque di progettazione che la politica, per sua stessa natura, dovrebbe possedere, in favore invece di una riduttiva, limitante e limitata strategia del qui ed ora, ovvero della lettura quotidiana del presente sostituita alla potenza immaginifica del futuro.
Ma per chi ha buona memoria delle vicende della Prima e della Seconda Repubblica, e conosce, anche per averla vissuta in prima persona, tanta parte della storia politica e sociale del Novecento italiano, potrebbe essere facile, e persino doveroso, rovesciare quanto scritto da Scalfari in positivo, riconoscendo in questo passaggio al post-ideologismo - sia pure molto tardivo rispetto agli eventi storici che hanno messo fine al secolo breve, e per di più raggiunto a strattoni e, per ora, in maniera non organica e culturalmente radicata -  un fattore di superamento dello stallo imposto da opposte fazioni che ha caratterizzato tutta la nostra storia repubblicana, conducendo di fatto il nostro paese ad una paralisi politica, economica e sociale da cui possiamo uscire solo tagliando definitivamente il soffocante cordone ombelicale delle ideologie tradizionali.
Perchè se è vero, come scrive Scalfari, che nessuno di noi può dirsi privo di ideologia, platonicamente intesa come modello ideale di valori e principi cui facciamo riferimento, è purtroppo anche vero che la politica italiana si è nutrita di ideologismi, che sono i derivati tossici, infruttuosi e per di più poverissimi del modello ideale, quelli che hanno comportato la trasformazione costante e devastante della dialettica politica in perenne ed accidioso scontro tribale, fermando sul nascere ogni tentativo di riforma e di cambiamento, impantanandolo nella melmosa ed improduttiva querelle retorica che è l'unica cosa che i partiti hanno saputo produrre negli ultimi decenni.
Quindi il velenoso "neoliberista" contrapposto allo sprezzante "statalista", il classico "capitalista" opposto al sempre verde "populista", e così via, hanno trasformato in categorie politiche in perenne conflitto le idee che pure li avevano generati ma di cui, nel frattempo, si era persa ogni traccia e, peggio, ogni residua memoria del principio che le aveva ispirate, riducendo il tutto ad una mera contrapposizione fra blocchi corporativi, ognuno in difesa dei privilegi conquistati, e tutti uniti nel voler mantenere il più a lungo possibile lo status quo ante. Che è l'esatto contrario di quella visione del futuro dinamica e progettuale che invece Scalfari attribuisce alla vecchia politica, sbagliando, perchè è la stessa politica che non ha saputo riformare se stessa ed il nostro paese, quella che ha sempre rimandato ogni cambiamento ed ha finito per consegnarsi nella mani dei tecnici, per manifesta impotenza a gestire persino una uscita di scena dignitosa dopo il proprio clamoroso fallimento.  
Dunque, oggi abbiamo sommamente bisogno di post-ideologismo che, a spanne, pare essere l'unico modo per lasciarsi per sempre alle spalle le tribù politiche del Novecento ancora resistenti nel terzo millennio, e ripartire su basi diverse, che non sono prive di idee, come lascia intendere Scalfari fra le righe, ma che ne portano di nuove, a cominciare da quella di un partito che non sia solo un patto scellerato ed elefantiaco fra correnti, ma uno strumento più agile e duttile per agevolare il rapporto tra politica e cittadini, e fra questi e chi li rappresenta, degnandosi persino di ascoltarli e consultarli.
Ma, soprattutto, abbiamo disperatamente bisogno di quella politica del qui ed ora, che Scalfari addita come povera e riduttiva, perchè è quella che ci è sempre mancata, portandoci al disastro di oggi. È la politica del "si fa perchè è necessario e non rinviabile", opposta alla politica del "apriamo un tavolo, convochiamo una Commissione, istituiamo una Costituente" tanto cara ai cultori degli ideologismi e tanto utile a tenere tutto fermo, decennio dopo decennio, nella perenne attesa di quel Godot che in Italia è meglio noto con il nome di riforme.
E per fare qui ed ora, sia chiaro, una visione del futuro bisogna pur averla, non è una navigazione a vista ma una procedura di progressivo avvicinamento agli obbiettivi che una politica pragmatica deve necessariamente porsi, ma che, a differenza del passato, non può più limitarsi a collocarli in un futuro ipotetico e sempre spostato in avanti, immettendo invece nell'impegno quotidiano quella incisiva e concreta operatività che, fino qui, è sempre stata demandata agli eterni tavoli dei saggi mai giunti a risultato alcuno.

ChiBo  

Nessun commento:

Posta un commento